domenica 18 gennaio 2015

Giordania: Petra - prima parte

Dopo Jerash, il Wadi Rum ed il Monte Nebo eccoci alla meta delle mete del mio viaggio in Giordania: la stupenda Petra.
Sin da ragazzino, vedendo il film "Indiana jones e l'ultima crociata", ho sognato di visitare questo luogo unico al mondo: e finalmente è arrivato il momento!
Ma prima un accenno alla sua storia.
Petra ha origini antichissime: già nell'ottavo secolo a.C. era abitata dal popolo Edomita. Ma è con l'arrivo, intorno al VI secolo a.C. dei Nabatei (popolo nomade proveniente dalla penisola araba occidentale) che diventò un importante centro.
Abili commercianti, si stabilirono qui e nel tempo si arricchirono sempre di più e di conseguenza abbellirono Petra con maestosi ed imponenti edifici.
Intorno all'anno 106, i romani la conquistarono e le tolsero importanza edificando la città di Bosra eleggendola a nuova capitale della provincia di Arabia.
Togliere Petra dalle rotte commerciali fu un colpo basso, che unito anche ad una serie di violenti terremoti, portò col tempo la città ad un lento ma inesorabile declino.
Nei secoli successivi restò comunque abitata da famiglie beduine, ma è grazie all'esploratore svizzero Johann Ludwig Burckhardt, che nel 1812, l'occidente venne a conoscenza della sua esistenza.
Ma ora torniamo al sito.


Per accedervi bisogna passare per Centro visitatori, una costruzione moderna, dove si acquista il biglietto.
Il prezzo è decisamente alto: 50 JD (più o meno l'equivalente di 50 euro) che al momento possono sembrare uno sproposito, ma se si decide di fare due giorni si paga solo 5 JD in più. E vi assicuro che sono necessari perché il sito è vastissimo: ci sono oltre 800 monumenti e chilometri di percorsi!
Superato il mercatino dei souvenir ed un'orda di persone che tentano di noleggiarvi dei poveri asinelli e dromedari, ci si ritrova su di una strada che conduce all'imbocco dello stretto passaggio che conduce al Tesoro del Faraone, la meta di questo post di oggi.


A proposito di animali: sempre vicino all'ingresso è presente un'associazione che cerca di tutelare gli animali presenti all'interno del sito archeologico, alla quale rivolgersi nel caso si assista a maltrattamenti o altro.
Tornando alla strada che conduce al Siq (il canyon che conduce al Tesoro del Faraone), già si incontrano una serie di tombe e monumenti.


 I primi di questi sono le Case del Djinn (Case dello spirito), probabilmente tombe o luoghi di culto che risalgono al primo secolo d.C.


Poco più avanti la Tomba dell'obelisco, dello stesso periodo delle Case del Djinn.


Il nome deriva dagli obelischi presenti sulla facciata erosa dal tempo, ma che comunque lascia intendere la ricchezza di questa tomba.
Nella parte inferiore un edificio più antico: il triclinio di bab as siq, un luogo dove si tenevano ricchi banchetti in memoria dei defunti.
Ed eccoci giunti all'entrata del Siq.


Ma prima una piccola deviazione sulla destra, che ci porta, dopo una breve passeggiata, alla nicchia dell'aquila, un bassorilievo probabilmente di epoca romana.



Strada facendo si incontrano curiose forme floreali… che non si capisce come riescano a sopravvivere con queste condizioni.



La natura non smette mai di stupirmi!
Ma imbocchiamo finalmente il Siq.
A colpirmi le mille sfumature delle rocce, che cambiano tonalità a seconda della luce.


Vogliamo poi parlare del sistema idrico che serviva a portare l'acqua alla città?


Ingegniosissimo! Presente su entrambe i lati è completamente scavato nella roccia e grazie ad un impercettibile pendenza, la faceva scorrere per diversi chilometri.
Ad ogni curva, l'emozione mi assale, prima o poi vedrò apparire magicamente il Tesoro.
Ma il Siq è abbastanza lungo: quasi 2 km, quindi nel frattempo mi godo la bellezza di queste formazioni geologiche, oltre all'ombra ed alla leggera brezza che viene incanalata nel canyon.
Poi all'improvviso: eccolo!


Non ho parole.






Di siti archeologici ne ho visti parecchi, ma nulla di paragonabile a questo.
Il Tesoro del Faraone è giustamente il monumento più noto di Petra ed il fatto che sia il primo edificio dopo lo stretto passaggio del Siq, lo fa sembrare ancora più solenne. E lo sapeva benissimo il re nabateo Areta III (primo secolo a.C.) che lo fece costruire (ma più corretto sarebbe scavare) per ospitare la propria tomba.
Il nome deriva da una leggenda beduina che racconta di un tesoro nascosto da un Faraone nell'urna sulla sommità dell'edificio.


Naturalmente è infondata, ma ciò non ha impedito nel corso del tempo tentativi di recuperare il malloppo: lo testimoniano i segni degli spari lasciati sulla facciata, nel tentativo di distruggerla sperando di venir ricoperti da una cascata di monete d'oro.
Alto 40 metri, è suddiviso su due ordini. Il primo ricorda la facciata di un tempio con colonne e capitelli di chiara ispirazione greca (per questo Areta III veniva chiamato il "Filelleno").



Il secondo ordine, molto più articolato è caratterizzato dalla presenza dell'urna oltre che da alcune statue: la dea Iside al centro, ai lati delle Vittorie alate ed in cima alla facciata due enormi aquile erose dal tempo.




Per oggi mi fermo qui a contemplare questa meraviglia, e mi faccio anche delle foto da bravo turista! :-)


Nel prossimo post su Petra, vi farò vedere quanto altro c'è di bello in questo sito...

domenica 11 gennaio 2015

Anno nuovo, prato nuovo!

Lo spazio dedicato a prato nel mio piccolo giardino, è veramente poco più di un fazzoletto, ma comunque uno spazio al quale non rinuncerei per nulla al mondo!


Da tempo ho il pallino di "tentare" di rifarlo per l'ennesima volta.
E dico tentare perché ogni qualvolta che ci provo, si rivela un fallimento completo! Tra: il terreno argilloso, le orde di famelici passeri e altri volatili che si avventano per divorare i semi, il mostrino (tanto bravo con i fiori e gli arbusti ma per niente col prato) che non resiste dal raschiare il terreno, estirpando così i pochi germogli sopravvissuti…
Insomma un disastro!
Guardando alcuni programmi televisivi e leggendo riviste di settore, mi sono imbattuto nel famoso prato a rotoli: potrebbe essere la soluzione ai miei problemi!
La mia intenzione era di farlo verso primavera, ma un piacevole risvolto mi ha fatto cambiare piano.
Una settimana fa, precisamente sabato mattina, mi sono recato al mio vivaio preferito, la Floricoltura Cecchini (un pò di pubblicità gliela faccio, poi capirete il perché), per fare un giro… e naturalmente anche qualche piccolo acquisto che mostrerò più in là.



Parlando del più e del meno ho chiesto a Laura, la mia fornitrice di fiori di fiducia, se per caso avessero il prato a rotoli.
La mia era una semplice richiesta di informazione, come ho già detto non lo volevo fare ora, ma alla mia domanda mi ha risposto che lo vendevano e ne aveva giusto dei rotoli avanzati da un giardino che avevano fatto da poco.
Visto che se ne doveva sbarazzare perché erano letteralmente surgelati e comunque erano lì da qualche tempo (in genere vanno stesi entro poco da quando vengono prelevati), me li ha praticamente regalati!
Ovviamente prima dovevano scongelare, per cui li ha coperti con una pellicola di plastica per facilitarne il disgelo.
Arrivato a casa mi sono messo subito ad eliminare la poca erba rimasta e le erbacce, a vangare e zappare per preparare il terreno alla stesa del nuovo prato.
Visto la compattezza del terreno ho fatto del mio meglio cercando di lavorarlo e livellarlo il più possibile. Devo ammettere che alcune volte l'avere un piccolo giardino ha i suoi vantaggi! ;-)



Giusto per darvi un'idea generale del giardino e dello spazio adibito a prato… ecco una veduta aerea dal balcone dei 25mq, anche se in realtà non si vede il vialetto sulla destra e lo spazio sotto il balcone.



Ma torniamo al prato...
Il lunedì seguente sono tornato a prendere i rotoli: ora si possono stendere!
Ma non prima di aver sparso, aiutandomi con un rastrello, il terriccio per tappeti erbosi, un substrato a base di torba e sabbia che dovrebbe facilitarne l'attecchimento.




Per mia sfortuna i rotoli non erano del tutto scongelati, quindi l'operazione ha richiesto del tempo in più.




Documentandomi ho visto che se c'è un lato dritto, si comincia da quello, e così ho fatto usando come linea guida lo spazio piastrellato sotto la pergola.


I successivi, vanno stesi parallelamente al precedente accostandoli tra loro il più possibile.


Man mano che li si stende vanno compattati al terreno facendo una leggera pressione.
Ora comincia a prendere forma!



Per rifinire i bordi si può utilizzare un coltello per tagliare con facilità i pezzi in eccesso.




Adesso finalmente ho un piccolo prato!



E qualcuno lo sta valutando attentamente…



Speriamo attecchisca e che il piccolo mostro abbia un pò di pietà!

martedì 6 gennaio 2015

Adorazione dei Magi di Ambrogio da Fossano (il Bergognone)


Quest'opera l'avrei voluta postare per il giorno di Natale, ma non ne ho avuto il tempo ed oltretutto visto che è sì una Natività, ma nello specifico l'Adorazione dei Magi, forse è più adatta per la giornata di oggi.
Questa tavola, opera di Ambrogio da Fossano, meglio noto come il Bergognone, faceva parte della Cappella (andata poi distrutta nel 1691) dell'Altare Maggiore del Tempio civico dell'Incoronata di Lodi (del quale vi ho già parlato QUI e QUI).
Di tutto il ciclo pittorico creato dal Bergognone, rimangono ad oggi solo quattro bellissime opere, tutte raffiguranti le storie della Vergine, create tra il 1497 ed il 1500: l'Annuciazione (ritenuta una delle sue opere più importanti), la Visitazione, la Presentazione al Tempio ed appunto l'Adorazione dei Magi, che hanno trovato una nuova collocazione nella Cappella di San Paolo sempre all'interno dell'edificio.


L'opera rappresenta la Sacra Famiglia riparata sotto ad una capanna con il tetto sbrecciato.


Sulla destra i tre Magi riccamente decorati con sontuosi abiti e gioielli, due in  piedi ed uno genuflesso in atto di adorazione, che contrastano con la nudità del bambino e la semplicità dell'abbigliamento di Giuseppe e Maria.
Solo quello inginocchiato rispecchia l'abbigliamento caratteristico, mentre gli altri due vestono abiti contemporanei al Bergognone.
Due curiosità: dei due Magi in piedi, quello di sinistra pare essere il ritratto del committente dell'opera, mentre il  personaggio raffigurato alla loro destra,  la tradizione vuole che sia un autoritratto del pittore).


Questi dettagli, oltre alla definizione del paesaggio montano ed al rosso berretto con corona dorata appoggiato a terra, danno quasi l'impressione di trovarsi di fronte ad un artista fiammingo, o comunque nordico.
La scena si discosta non poco dall'iconografia classica che vede solitamente presenti le figure della Sacra famiglia, dei Magi e poche altre figure: qui alle loro spalle una variegata e colorata folla di gente si accalca per fare visita al Salvatore.


In cielo brilla la cometa che li ha guidati, mentre in lontananza si vede altra gente che percorre la strada per arrivare alla capanna.


Nel corso dell'anno vi mostrerò anche le alte tre!

venerdì 2 gennaio 2015

Il "Gabon" di Arcagna

Dopo le abbuffate di questo periodo di feste, non c'è niente di meglio che del sano movimento per smaltire almeno un poco la calorie in eccesso.
Così ho deciso di iniziare l'anno nuovo con una sana passeggiata che, oltretutto, è riuscita a racchiudere tre diversi interessi in una volta sola: piante, arte e natura!
Meglio di così…
A pochi chilometri da Lodi, in direzione Paullo, si incontra il comune di Montanaso Lombardo e poco oltre la frazione di Arcagna.
Da diversi anni avevo sentito parlare del "Gabon", un Olmo ultracentenario colpito da mille vicissitudini ma comunque ancora vivo, al quale è legato un affresco miracoloso, e finalmente mi sono deciso ad andarci.



Ma facciamo un passo alla volta: tutto incomincia nel lontano 1649 e precisamente il 26 Aprile.
Un contadino, intento ad arare un campo, urta improvvisamente col vomere qualcosa di molto duro. I buoi interrompono la loro avanzata ed il contadino va a cercare di capire cosa può aver colpito.
Inizialmente sembra trattarsi di un frammento di un muro, ma estraendolo si scopre che si tratta di un affresco quattrocentesco che raffigura la Beata Vergine.
Da qui cominciano una serie di eventi miracolosi:
Il cielo nuvolo da oltre due settimane, si rasserena improvvisamente, al parroco di Arcagna, praticamente muto da un paio di anni, torna improvvisamente la voce, una persona del posto, colpita da grave forma di artrite, guarisce improvvisamente.
Sin da subito il frammento viene venerato e spostato in una cappella della chiesa di Arcagna, diventata poi Santuario, dove si trova tuttora, e gli viene dato l'appellativo di "Madonna del Gabon".





Il nome "Gabon" deriva dal grande Olmo presente nel luogo del ritrovamento, che a distanza di vari secoli si trova ancora lì, ma non senza aver passato dei momenti terribili per una pianta!
Infatti pare che dopo molti anni da quegli eventi, si decise di sradicarlo. La popolazione ovviamente era contraria e nessuno si prestò a compiere quel gesto, ma comunque venne rimosso.
Depositato in un'aia con le radici scoperte superò l'inverno e i suoi rami si ricoprirono di gemme.
Questo evento venne interpretato come un intervento della Madonna e si decise di riportarlo nel luogo d'origine dove tornò ad essere venerato.
Gli anni per l'Olmo centenario passarono scanditi da visite dei credenti, fiori depositati alle sue radici e lumini accesi,



fino all'11 Giugno 2012, quando una tromba d'aria lo colpì violentemente fino a spezzarlo praticamente in due!
In questa foto tratta dal web, potete vedere com'era rigoglioso prima del brutto incidente.


Sembrava ormai spacciato, ma il nostro Olmo, non aveva alcuna intenzione di lasciarci, infatti in questi due anni e mezzo ha ripreso a crescere e col tempo tornerà ad essere bello e rigoglioso come prima.
La parte superiore spezzata, invece, venne spostata davanti al santuario.





Terminata la visita al santuario e salutato l'antico Olmo, mi sono incamminato su un sentiero poco distante che segue il corso del Canale Muzza, con angoli ancora innevati dalla nevicata di sabato scorso.




Ho osservato anche scorci invernali di piccoli corsi d'acqua.




La temperatura era decisamente rigida, come testimoniano queste formazioni di ghiaccio.


Ma qualche segno di vita e di colore lo hanno dato queste rosse bacche, e qualche simpatico incontro animale.




Con il "Gabon" inizio così un nuovo filone del blog, che mi porterà (e voi di conseguenza) a conoscere altre piante monumentali presenti nel territorio lodigiano.
Al prossimo "vecchietto"!